Morosini Gianfrancesco vescovo di Brescia |
MOROSINI
Gianfrancesco - (Venezia 1537 - Brescia 1596). Appartenente ad una delle
più nobili famiglie venete, percorse dapprima la carriera diplomatica a
Costantinopoli, Torino, Madrid, in Polonia, ovunque, segnalandosi per
intelligenza, saggezza e virtù. Fu poi senatore e infine legato
pontificio in Francia. Designato vescovo di Brescia il 5 settembre 1584
da Gregorio XIII, ottenne la nomina ufficiale da Sisto V nel 1585.
Frammenti archivistici inediti testimoniano che fin dal 1586-1587 egli
iniziò la visita pastorale in alcuni grossi centri della riviera del
Garda e della pianura; fermandosi a Salò, Toscolano, Gargnano,
Pralboino, egli esaminò spesso anche i chierici, ammettendoli alla
prima tonsura. Nel 1586 istituì la parrocchia cittadina di S. Francesco
da Paola, affidata ai frati Minimi che, due anni più tardi, nel 1588,
iniziarono la costruzione del loro convento. Frattanto il pontefice Sisto V, memore dell'esperienza diplomatica acquisita dal vescovo di Brescia quando era oratore di Venezia in terra di Francia, lo nominò nunzio pontificio presso la corte di Enrico III di Valois. Nelle intenzioni del papa il Morosini doveva sostenere i cattolici nel confronto con gli ugonotti: impresa difficile, per le sanguinose lotte che opposero in quei tempi le due parti. Il nunzio servì degnamente la Sede Apostolica guadagnandosi anche la stima del re che chiese per lui la porpora. Il 15 luglio 1588 il Morosini fu pronunziato cardinale prete del titolo di S. Maria in Via e continuò peraltro la sua missione diplomatica a Parigi. Morto Enrico III, succedutogli Enrico di Navarra, di fede ugonotta, si schiuse un'altra turbinosa stagione nella storia della Francia e il diplomatico pontificio, che sperò di avvicinare il re alla causa cattolica, mantenne un atteggiamento prudente. Ma la sua condotta suscitò sospetti ed accuse: il papa stesso mostrò di avere serie riserve sull'opera del nunzio il quale, secondo il Pastor, rischiò addirittura di perdere il cappello rosso. Chiarito infine ogni malinteso, il ruvido pontefice accolse in Roma il Morosini, approvando le scelte da lui compiute durante la legazione. Mentre si mantenne assente dalla sua sede, il cardinale vescovo di Brescia governò la diocesi per mezzo dei vicari generali: distinta menzione merita, tra gli altri, P. Matteo Corvini da Fano, ottimo sacerdote e buon amministratore, cui il presule scrisse numerose lettere per dirigerne le scelte e sostenerne l'opera. Nel
1590 Giovanni Francesco Morosini, abbandonata la diplomazia, fece il suo
ingresso ufficiale in Brescia, ricevendo accoglienze trionfali anche
attraverso un apparato ricco di sei archi disegnati e dipinti dagli
artisti più celebri del tempo: Tommaso Bona, il Marone, il Bagnadore
illustrati da P. Fontana in «Il sontuoso apparato fatto in Brescia per
l'ingresso del vescovo e cardinale Morosini» (Brescia 1591). Nel 1590
la sua attività pastorale si fece intensa: assegnò la chiesa dei SS.
Pietro e Marcellino ai cappuccini; riprese la visita pastorale: atti
superstiti provano che nell'agosto 1590 egli si condusse a Montichiari,
Castenedolo, Carpenedolo, Gottolengo, Casalmoro, Asola, Canneto. Fu
costretto tuttavia ad interrompere il suo itinerario poiché nel
settembre di quell'anno e fino agli inizi del 1592, venne chiamato a
partecipare a ben quattro conclavi che videro cingere la tiara
nell'ordine Urbano VII, Gregorio XIV, Innocenzo IX e Clemente VIII degli
Aldobrandini. Durante
il soggiorno romano si accompagnò sovente con san Filippo Neri. I due
discussero, fra l'altro, delle cose di Francia; il Cistellini sostiene
anzi che, proprio dalla consuetudine con il Morosini e per le
informazioni da lui avute, san Filippo può esser stato indotto ad
intervenire presso il pontefice perché si favorisse la ben nota e
calcolata conversione di Enrico IV al cattolicesimo. Rientrato
in sede, il vescovo rinnovò il suo impegno pastorale: tra la primavera
e l'estate 1593 visitò in particolare la zona del Sebino e la
Valcamonica. Antonio Masetti Zannini ricorda che il 28 aprile il
presule, attraversato il lago, si portò a Lovere; da qui salì fino a
Ponte di Legno per ridiscendere e giungere a Berzo. Il 31 luglio
trasmise ai vicari foranei i decreti generali della visita. Ancora una
volta tuttavia fu costretto ad abbandonare la diocesi, poiché il
pontefice Clemente VIII gli affidò altri incarichi diplomatici. Nella
primavera del 1595 il Morosini fu a Roma proprio mentre i Teatini vi
celebravano il loro capitolo generale. Profittando dell'occasione, egli
cercò di ottenere che l'Ordine mandasse alcuni suoi Chierici Regolari a
Brescia; a questi religiosi il vescovo intendeva infatti affidare la
chiesa di S. Giorgio. Ma l'intento non viene conseguito e di tale
insuccesso il presule diede conto con rammarico ad Alessandro Luzzago,
con una lettera scritta da Roma il 29 aprile. Nell'estate seguente il cardinale Morosini tornò infine a Brescia, ricevuto con straordinaria solennità dal clero, dalle autorità e dal popolo. Non gli rimasero che pochi mesi di vita: si spense il 14 gennaio I596, lasciando erede universale dei suoi beni il ven. Alessandro Luzzago. Sepolto in Duomo vecchio davanti all'altare delle SS. Croci, gli venne eretto un busto, opera di A. Carra. Stemma: «d'oro alla banda d'azzurro». (Antonio
Fappani, Enciclopedia Bresciana, vol X, pag.19-20) |